giovedì 15 febbraio 2007

La Congiura del Silenzio

questo testo è ormai vecchio di qualche anno, ma sempre attuale, attualissimo, soprattutto in un giorno triste come oggi.

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La congiura del silenzio.

Torino, dal punto di vista calcistico, ma non solo, è divisa in due entità, ciascuna delle quali con motivazioni sportive, storia, caratteristiche, immagine e quant’altro ben distinte ed estremamente diverse l’una dall’altra. Del Toro sappiamo tutto: una squadra con un passato glorioso, tragico, ormai diventato mito e con un presente che peggiore non poteva essere. L’altra entità è la diretta emanazione di un potentato economico e politico, non solo cittadino. Torino non è Milano, dove due squadre con pari dignità pagano il dovuto per utilizzare San Siro. Non è nemmeno Roma, dove due squadre, sempre di pari dignità, possono comunque contare su un appoggio mediatico e politico che ne mette sì in luce ogni difficoltà, ma si attiva anche per risolverle. A Torino nulla di tutto questo. Un sobrio ed aristocratico silenzio. Ma non tutti lo accettano, qualche voce plebea ogni tanto si leva, ed elenca i volgari fatti…

Partiamo da qualche anno fa.
La gi*ve voleva uno stadio di proprietà, e voleva il Delle Alpi. Lo voleva con il minimo sacrificio economico, con una spesa ridicola se paragonata al valore stimato suo e dell’area circostante, sfruttabile commercialmente. Per arrivare a questo, vista la presenza di due realtà che potenzialmente potevano essere interessate all’affare, dovevano verificarsi un insieme di circostanze particolari:

1- Il Delle Alpi, raro esempio d'edificazione recente non realizzata dal gruppo Fiat, doveva essere percepito dall’opinione pubblica come inadatto, un inutile spreco di denaro pubblico, una cattedrale nel deserto. Questo per prepararne l’abbattimento od il rifacimento senza la minima resistenza. Che siano state divulgate, attraverso la stampa cittadina, notizie false sui costi di realizzazione o sull’infelice collocazione geografica dell’impianto, era strumentale.

2- Occorreva esercitare pressioni sulle autorità cittadine affinché eventuali opposizioni venissero scavalcate: finto ricatto con la minaccia di andarsene da Torino, attraverso il quale si è da subito ottenuta la gestione della pubblicità allo stadio, senza per questo doversi sobbarcare i costi di manutenzione dello stesso, lasciati al comune che, incredibilmente, accetta.

3- Bisognava raffigurare la gi*ve come unico vero interlocutore cittadino, unica entità sportiva rappresentativa di tutta la comunità, e così nei suoi gagliardetti sparisce la zebra, da sempre simbolo bianconero, ed appare il toro rampante, da sempre emblema granata. Vi immaginate la Lazio con la lupa nel simbolo? Non sarebbe sicuramente passato inosservato, a Roma.

4- Il Torino Calcio non doveva intromettersi nella questione Delle Alpi. Avendo diritto, almeno teoricamente, alle stesse opportunità della gi*ve, poteva ostacolarne l’esproprio o renderlo più dispendioso. In parole povere, il Toro non doveva presentarsi ad un’eventuale asta. Per esserne certi occorreva tuttavia controllarlo direttamente, non bastavano le forzature esterne di sempre.

Così, dopo una campagna di stampa violentissima nei confronti degli allora padroni del Torino Calcio, i cosiddetti genovesi, ai quali certamente non ne era andata bene una, il Torino viene acquistato da Francesco Cimminelli, padrone della Ergom e fornitore della Fiat, al quale vengono avvallati i pagamenti delle fatture a 30 giorni, contro i 90/120 degli altri, finanziamenti fino a 500 miliardi di vecchie lire, costruzione di due stabilimenti nel Sud i quali provvedono, tra le altre cose, ad assicurare la produzione quando altrove si sciopera. Commesse oltre il 2010. Sicuramente sarà un caso, un insieme di fattori oggettivi e, tra l'altro, documentabili. Nessun complotto.
Fatto sta che Francesco Cimminelli, certamente un industriale avveduto, noto però fino ad allora soprattutto per essere stato l'artefice del primo caso di mobbing, applica questa stessa filosofia nella sua gestione del Torino Calcio. Si dichiara da subito tifoso bianconero, al Toro solo per ragioni affaristiche. Ridicolizza ed insulta chi, tra i tifosi del Toro, si rechi ancora a Superga, luogo dove, oltre alla lapide del Grande Torino, ha sede provvisoria il Museo dedicatogli.
Dopo una breve fase in cui il presidente è Giuseppe Aghemo, che gli aveva spianato la strada verso l’acquisto del Torino Calcio annunciando, tra le altre cose, la presenza di 70 miliardi di fidejussioni per la ricostruzione del Filadelfia, viene assegnato all’incarico Attilio Romero, noto alle cronache per essere una delle persone coinvolte nell’incidente in cui trovò la morte Gigi Meroni, e in precedenza dirigente Fiat con mansioni di rilievo.
Decide di destinare l’incarico di general manager a Pieroni, in causa con il portiere del Torino Luca Bucci per via di un battibecco precedente. Questa decisione sarà annullata in seguito alle proteste dei tifosi.
Sposta la storica sede del Torino Calcio in un ex magazzino di via del Carmine, e lascia i prestigiosi uffici precedenti al figlio Simone.
Annuncia la ricostruzione del Filadelfia, abbattuto anni prima da Novelli, che ne aveva promessa la ricostruzione con tanto di conferenze stampa, progetti, date d’inizio lavori e d’inaugurazione.
Viste le difficoltà nel farsi approvare il progetto esecutivo sul Fila, che alcuni dicono cercate (l'archittetto che stilò il progetto), Cimminelli propone la realizzazione presso Borgaro, nell’hinterland torinese, di Borgarello, un’area comprendente nove campi di calcio, forestierie, spogliatoi, sede di prima squadra e settore giovanile ed ottiene dal comune di Borgaro le delibere necessarie.
Il Comune di Torino, che ha già stabilito fin dal 1999 con un accordo tra Giraudo e l’allora sindaco Castellani, la cessione del Delle Alpi e dell’area circostante alla società bianconera, deve almeno salvare le apparenze dando una parvenza di equità. Così, dopo aver assegnato l’area del Delle Alpi alla gi*ve per meno di 5 euro al metro quadro, contro i circa 70 normalmente necessari per la concessione di spazi commerciali, provvede a fare grosso modo altrettanto nei confronti del Torino, concedendogli il vecchio stadio comunale, nel frattempo diventato sede delle cerimonie delle olimpiadi invernali del 2006, e concedendo i permessi per la realizzazione un supermercato sull’area ex Filadelfia, necessario per il sostentamento futuro del club.
A fronte delle tardive ma efficaci proteste dei tifosi, il supermercato viene spostato in area vicina, ma viene concessa l’edificazione di due palazzi, con relative strade d’accesso, su metà dell’area originale.
Lo Stadio Comunale, dopo aver precedentemente attraversato una fase in cui se n’era prospettato l’abbattimento, diventa d’improvviso un monumento d’importanza tale da non poterne modificare né la prospettiva, né abbassare il terreno di gioco, realizzato con un sistema di drenaggio a fascine incrociate che sembra irripetibile. Il costo del ripristino dell’impianto passa dai 20 milioni di euro iniziali a più di 50, per la capienza di 27000 posti.
In pratica ristrutturare il Comunale costa il doppio della cifra a cui è stato venduto alla gi*ve il nuovissimo delle alpi, perfettamente utilizzabile già così com’è ora, tant’è che entrambe le squadre cittadine ci giocano pur se una, il Torino, per farlo paga l’affitto all’altra.
In tutto questo marasma edilizio s’inserisce la situazione della squadra, sempre più allo sbando. I giocatori migliori, quelli che potrebbero anche essere ceduti ricavandoci qualcosa, vengono lasciati andare via per scadenza contratto. Parecchi tra loro passano prima da una fase nella quale vengono lasciati in tribuna, presentati all’opinione dei tifosi come mercenari, incapaci, piantagrane, lavativi o quant’altro, in modo da poterli cedere senza lasciare rimpianti o costretti ad andare via. Mobbing.
Nessun calciatore vuole più venire al Toro, compreso chi proveniva dalle giovanili granata, chi c'è se ne vuole andare, chi sarebbe obbligato a rientrare afferma che piuttosto smette di giocare.
Il settore giovanile viene semi-abbandonato e resiste, pur se a livelli minimi rispetto al passato, solo grazie alla buona volontà e all’attaccamento degli allenatori rimasti.
Il settore marketing è un fantasma. In tutta Torino, in qualunque negozio o supermercato, non si trova nessun tipo di gadget granata. I tifosi vengono abbandonati, il coordinamento dei club, sempre promesso, non viene realizzato.
La tifoseria viene continuamente accusata di scarsa presenza, di eccessivo romanticismo, di essere fonte di pressioni esagerate sui giocatori. Non un'operazione commerciale viene intrapresa per riavvicinare i simpatizzanti, i prezzi degli abbonamenti sono il doppio rispetto ad un Udinese e pari a Milan ed Inter. Ma il Toro è in serie B. Nel contempo Cimminelli dichiara a più riprese che dei tifosi non gl'importa nulla, o che se li gira come vuole. Va a vedersi le partite della gi*ve, cena con Moggi. Piange miseria ma non tratta la vendita del club. Chiunque ci provi si trova davanti una scatola nera di cui non può conoscere prezzo e contenuto.
Intanto al Filadelfia, i cui lavori di costruzione dovevano iniziare in concomitanza con quelli del comunale, è tutto fermo tranne l’erbaccia, che continua a crescere.
Il centro commerciale è stato già venduto alla Bennet, e quindi non potrà più servire per l’autofinanziamento del Club.
A Borgarello la lottizzazione è partita e le villette a schiera sorgeranno come funghi.
I lavori del Comunale non hanno minimamente tenuto in considerazione le aspettative dei tifosi. Mentre in tutto il mondo i campi di calcio vengono realizzati con le gradinate a ridosso del terreno, qui lo spazio occupato dalla precedente pista d’atletica sarà ricoperto dall’erba. L’aumentare annunciato dei costi di ristrutturazione, otterrà come probabile esito che cimminelli potrà accampare scuse per non far fronte agli stessi, tant’è che i lavori procedono con notevole ritardo.
Accadrà che il Comune, dovendo provvedere alle cerimonie olimpiche, le dirotterà al Delle Alpi (inizialmente presentato al CIO in tale veste e poi, non si sa perché, sostituito dal Comunale). Pagherà il disturbo alla gi*ve che così, dopo averlo ottenuto ad un decimo della sua valutazione, si farà anche eventualmente rimborsare le spese di rifacimento o pagare l’affitto.
Non ci sono complotti, a Torino.
Non c’è cupola e non c’è piovra. C’erano due società di calcio. Una potente, vincente, ricca e famosa, l’altra meno, ma con in dote un bagaglio di storia, orgoglio, dignità ed attaccamento dei tifosi che non aveva uguali in Italia e probabilmente nel mondo.
Una di queste società c’è ancora, ed è più potente, più ricca di prima, potendo ora anche contare su un patrimonio immobiliare costato niente e di valore immenso.
Il Torino, con il susseguirsi di progetti fantasma, false vendite e vere delibere, finti padroni, non possiede nemmeno più ciò che era suo e che n’era simbolo, luogo e patrimonio. Restano i suoi appassionati, sempre più disorientati e sempre meno pazienti.
Non c’è nessuna cospirazione. Non serviva a chi, potendo gestire la cosa pubblica imponendo le proprie scelte, non aveva necessità di metterla in atto.
Non c’è progetto d’annientamento del Toro. Non occorreva studiarne uno a chi per attitudine, tradizione consolidata, connivenze politiche e possibilità di ricatto sociale, non lascia niente agli altri, ed agli altri non resta altro che andarsene o sparire.
Non c’è nulla di nascosto a Torino, tranne tutto ciò che non viene detto dal TG regionale o pubblicato da La Stampa, che è quello che più o meno avete letto sin qui.
Non c’è nessuna congiura, a Torino, tranne la peggiore: quella del silenzio.

martedì 9 gennaio 2007

Bite Back



Tigre attacca guardiana dello zoo

S.Francisco,la donna ha perso una gamba

Momenti di vera paura nello zoo cittadino di San Francisco, negli Stati Uniti. Una tigre siberiana ha aggredito una guardiana che le portava del cibo sbranandole completamente una gamba. L'attacco è avvenuto davanti a 50 spettatori. Alcuni sono fuggiti portando via i bimbi traumatizzati, altri hanno cercato di liberare la poveretta le cui urla di dolore si sono sentite in vari reparti dello Zoo.

La tigre Tatiana ha attaccato improvvisamente e apparentemente senza motivo la guardiana che le stava portando della carne di cavallo. Le autorità hanno aperto una inchiesta sull'incidente. Dopo l'attacco lo zoo di San Francisco ha deciso di chiudere la sua "Casa dei Leoni", l'area dove, in diverse gabbie, sono rinchiusi alcuni esemplari di felini feroci (tigri, leoni e leonesse).

When It's Cold I'd Like To Die


where were you when i was lonesome
locked away in this freezing cold
someone flying, only stolen,
i can't tell, this night's so old,

i don't wanna swim the ocean,
i don't wanna fight the tide,
i don't wanna swim forever,
when it's cold i'd like to die.

what was that, my sweet sweet nothing
i can't hear you throught the fog
if i holler let me go
if i falter let me know

i don't wanna swim the ocean,
i don't wanna fight the tide,
i don't wanna swim forever,
when it's cold i'd like to die.

i don't wanna swim forever,
i don't wanna fight the tide,
i don't wanna swim the ocean,
when it's cold i'd like to die.

sabato 6 gennaio 2007

Belli come il sole.



Non ci sono altre parole per descrivere questi undici esserini, con dei musini fantastici, e quell'aspetto che ti fa capire per quale motivo per la religione cristiana, essi sarebbero l'emblema del Signore. Peccato che poi viene giustificata quella strage annuale proprio per onorare quel dio che credo abbia le lacrime agli occhi quando li vede morire, così giovani e belli.

Fatico a parole a descrivere tutta la bellezza che questi esserini, che hanno avuto la fortuna di salvarsi dall'atrocità della morte, riescono a trasmettere. Ti fanno capire di non essere totalmente inutile a questo mondo, ma che a piccole goccie lo puoi asciugare quel mare di atrocità

venerdì 5 gennaio 2007

matilda, dharma, martino e tutti gli altri...
parte I: Matilda


mi sono reso conto solo ora che è da tanto, forse troppo che questo blog ignora i quadrupedi, e si occupa troppo degli inutili bipedi, inoltre credo di non aver mai parlato di nessuno degli animali di cui da un anno, con alcuni amici mi occupo di aiutare e salvare.

Perché allora non raccontare le loro storie, la loro vita, uno per uno, il loro percorso, le storie non cominciano mai dall'inizio e allora partiamo da Matilda, la penultima degli 8 maiali che ora vivono felici e liberi e hanno evitato di diventare salami.

Matilda è nata il 3 Maggio, figlia dell'ennesima cucciolata di una scrofa ormai vecchia e stanca, il proprietario è un vecchio allevatore, che diceva in giro di essere stufo e di voler smettere l'attività... avevamo già 6 mali riscattati alcuni mesi in precedenza, passando lì vicino vedevamo questi esserini microscopici, una quindicina, a tettare dalla povera mamma stanca e distrutta dalla fatica, ogni giorno stavamo lì con le lacrime agli occhi a pensare a quei poveri esserini, e alla fine orrenda che avrebbero fatto, matilda era la più piccina, faticava a mangiare dalla mamma, non aveva ancora una settimana quando un giorno passando la vediamo stesa, immobile. Quel giorno non c'era l'allevatore, una ragazza è entrata e l'ha presa in mano, era praticamente morta, non respirava, un cuore praticamente nullo, così via di corsa dal veterinario a provare il miracolo, il corpo si piegava in due ad alzarlo i muscoli non davano risposta, il nostro veterinario, povero non è certo un esperto di maiali, così subito flebo e poi via a rileggersi i libri per rispolverare i ricordi dell'università, lampade riscaldanti, e 2 giorni ininterrotti di attenzioni, e poi il miracolo, riprende conoscenza, ricomincia a vivere, dopo 10 giorni ormai capiamo che il peggio è passato, il problema ora è un altro, l'allevatore sostiene che è stata rubata, non vuole sentire la storia del ricovero, non sente ragioni, così per assicurarci che non corra rischi matilda deve andarsene, e così parte per un posto sicuro, dove per tre mesi vivrà con tanti cani e umani che mai le avrebbero fatto del male, impara ad amare gli umani, impara a fidarsi di loro, e dopo un po' conosce alvaro, un maialino che ha un passato simile al suo, e che un'altra persona sensibile ha salvato dalla morte certa. Il tempo passa e ormai Matilda e Alvaro cominciano a essere troppo grandi per stare dove sono, hanno bisogno di più spazio e cosa peggiore stanno ricevendo troppo imprinting umano, che per un animale non è mai una buona cosa, e così il viaggio di ritorno, ormai grandi cresciuti e fuori da ogni pericolo, tornano a conoscere i 6 maiali salvati in precedenza e a vivere con loro, Matilda ha fatto fatica all'inizio ad abituarsi a vivere con gli altri maiali, era abituata a vivere con gli umani, ma piano piano sta accettando la sua condizione, e comincia a creare relazioni con i suoi simili. Oltre che con tutti noi umani ovviamente.